Recensioni
Una carriera Cinquantennale ricca e feconda contraddistingue il variegato percorso dell’artista Alessandro Angeletti, originario di Roma, con formazione presso il Liceo Artistico di via di Ripetta e studi universitari di Architettura: iter coronato da numerose Personali, partecipazione a Rassegne d’Arte di rilievo e Collettive in Italia ed all’estero, significativi premi conseguiti ed illustrazioni di Libri che attestano la sua propositiva ricerca espressiva.
Il suo immaginario stilistico si afferma a partire dagli anni ’70, stagione in cui si affaccia quella “Poetica del frammento” da lui amata, perseguita nella valenza ideativa ed operativa per una ricomposizione unitaria del mondo sensibile, tra ideale e reale, mediante la tecnica del collage, con l’adozione di stralci di rotocalchi, arricchita da pastelli, inchiostri e vividi colori acrilici, realizzando opere di medio e grande formato. Tali “metamorfosi formali”, cui si dedica fino al 1985, rappresentano peculiari ricostruzioni nella polifonia del “di-segno”, desunto dal reale: rivisitato in senso figurativo o secondo proiezioni astraenti e geometrico-lineari, “mappe iconiche” del suo credo stilistico, firmandosi con gli pseudonimi Essea Xango o Xango.
Nell’arco di tempo che intercorre dal 1985 al 2000 uno studiato Espressionismo postmoderno con accenti New-Pop - colori acrilici su legno e su tela - si consolida nelle sue avvincenti opere dai tagli inusuali, accensioni cromatiche, straniamento tematico, ricercate ambientazioni ed impostazioni compositive.
Si tratta di un’innovativa fase produttiva in cui l’artista si avvale della lettura del testo dello psicologo russo Alfred L. Yarbus ”Eye Movements and vision”( Plenum Press, New York, 1967) sulla natura attiva del sistema visivo o meccanica oculomotoria nella selezione percettivo-cognitiva delle immagini secondo la rilevazione delle traiettorie dello sguardo, che influenza la sua cifra stilistica nella scelta delle inquadrature prospettiche.
Nell’esigenza di interpretare la dilagante Civiltà dei consumi dell’era Globale, il suo estro capta e narra la seduzione dei media pubblicitari e digitali che, dilagando sulle esistenze dei singoli, si riflettono nei soggetti prescelti: assorte corporeità dell’Universo Femminile, la dinamica dell’Eros di coppia, il fascino della moda imperante, per riappropriarsi di un cammino esistenziale tra, sensualità ed ironia, nella concertazione intima ed universale delle coscienze, rivisitando il MITO antico tra passato e presente, come attesta l’opera: “Venere che sorge dalle acque”, 1987.
Nell’esplorazione del Contemporaneo si rafforza, tra i temi sociali, anche l’imperativo di risvegliare la salvaguardia ecosostenibile del Pianeta nelle sue risorse e habitat ambientali da tutelare, optando per un’opera denuncia-richiamo dal titolo paradigmatico: “Inquinamento del Golfo” (1991).
Il desiderio di scandagliare l’intermittenza collettiva “conscio-inconscio” quale energia ancestrale ed archetipica della dimensione multietnica e multiculturale dei popoli, induce Angeletti, dagli anni ’90 ad oggi, ad appassionarsi allo studio dell’Astrologia nella concertazione cosmologica degli influssi astrali, stelle e pianeti nelle rotazioni dei loro assi, sulla predizione del futuro, pubblicando due significativi saggi nel 2009 e nel 2012 con Phasar Edizioni: “La Rivoluzione Natale in Astrologia. Come leggere una rivoluzione annuale in modo completo”, e “Astrologia delle Località. Come migliorare la nostra vita con la Rilocazione Astrogeografica”.
Le argomentazioni acquisite si tramutano in fonte ispirativa da cui nasce la realizzazione di un originale Ciclo di opere dalle carismatiche iconografie, cariche di accenti “fauve” per il loro vitalismo cromatico nell’arco di tempo che spazia dal 2015 al 2022.
Ideogrammi zodiacali simbolici fanno la loro comparsa secondo una Figurazione, che accoglie le ascendenze dialettiche tra Neoespressionismo e Graffitismi latino-americani, per evidenziare i destini astrologici di personaggi famosi ritratti nella caratterizzazione delle loro fisionomie che hanno segnato la Storia della Cultura mondiale con le vicende alterne delle loro vita - da Jean Michel Basquiat a Marilyn Monroe, da Frida Kahlo a Vincent Van Gogh - per approdare alla delineazione di eventi drammatici nei nuovi orizzonti geopolitici ed intereligiosi, nell’avvicendarsi di nuovi esodi, transizioni economiche e finanziarie: opere quali “L’attacco alle Torri Gemelle”; “La Brexit”; “La grande migrazione” conoscono l’epilogo benaugurante che intende fronteggiare le criticità delle nuove pandemie secondo lo spirito fumettistico presente nell’opera: “L’ après Covid”, sulla scia di “ Vacanze romane”, si afferma l’icona di due giovani in vespa con la mascherina caduta a terra, in corsa verso un Futuro da ricostruire.
Nelle “Figurazioni eclettiche” accorpate predomina la tecnica mista dell’acrilico e sabbia su linoleum inciso, applicato su pannelli di legno, che rende ragione di una polivalente estetica dalla visionarietà fantasmagorica originale, carica di cromatismi saturi dai caldi tonalismi, implementata dai nessi significanti nella concentrazione del messaggio dettato dall’oroscopo, sul segno ascendente, tema natale dell’individuo nella corrispondenza tra Universo stellare e Psiche, secondo l’aforisma esoterico “Come in alto, così in basso” nel rispecchiamento empatico tra macrocosmo e microcosmo.
Il temperamento ispirativo ed operativo di Angeletti dimostra dunque di non avere confini nel proporre le molteplici finalità estetiche di “parabole artistiche” attinte dal Contemporaneo con accorgimenti studiati dai moderni risvolti, interprete delle nuove rivoluzioni tecnologiche e commerciali, per favorire sul piano intergenerazionale la sostenibilità laica verso un Eden sociale dei valori collettivi, evocando la sacralità relazionale nella reciprocità irriducibile della similarità umana che trova risonanza nei versi del poeta cileno Pablo Neruda: “Amo il pezzo di terra che tu sei, perché delle praterie planetarie altre stelle non ho. Tu ripeti la moltiplicazione dell’universo”, Sonetto XVI°.
Espressionisti sono i colori di Angeletti. Forti, accesi, vividi. Nel solco dei fauve, dei folli artisti vicini a Matisse, ma con lo sguardo verso la pop art, quell’universo onirico del secondo ‘900, fatto di sperimentazioni, simboli e cromatismi fantasmagorici.
Non c’è modo migliore di parlare di fiabe in quest'ora, quando, superato il primo ventennio del XXI secolo, tutto ha assunto le tinte del grigio e della nevrosi, della corsa sfrenata verso l’effimero, che non si sazia mai, bensì fagocita individui e allegria. Tornare alla favola è come mettere la prima tessera di un nuovo puzzle, in qualche modo ricominciare dalla semplicità nel gioco della vita, ribadendo concetti essenziali dell’esistenza con le parole speciali che solo l’infanzia sa donare. E questa alternanza di incanto e morale, di cui i racconti sono pregni, non può che essere espressa da cromatismi visionari, che aiutano gli adulti a ripescare nel proprio inconscio le parti bambine di cui siamo fatti, anche se cresciuti in corpi che poco somigliano alle festose istantanee del passato.
Gli animali dipinti da Angeletti hanno tratti antropomorfi. Perfetti dunque sono per rappresentare quelle sfumature selvagge dei temperamenti umani, quelle che esistono in ciascuno di noi, sopite o risvegliate dalle vicende dell’esistenza. Le sue tavole così si trasformano in illustrazioni non solo delle fiabe, ma dei caratteri, delle espressioni e delle movenze che spesso acquisiamo nella vita, quando ci dimentichiamo di guardare al di là del nostro naso e, anche noi, come l’universo intorno, diventiamo grigi e senza anima. Qui interviene il colore, quasi a risvegliarci, trasformando l’immagine in qualcosa di così vitale che non può non scuoterci, in un fremito che spinge a ricordarci di sorridere, perché si, le difficoltà esistono, ma anche i lieto fine.
Parole, colori, elementi figurativi che si miscelano in sfondi fatti di campiture allungate, circolari, nelle quali scorgere simboli e linguaggi primitivi, un palinsesto artistico mai banale, questa la cifra stilistica di Angeletti. Dove l’antico riemerge nel contemporaneo, come l’infanzia nei nostri volti di adulti, quando ci concediamo di credere alle favole.